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Immagine del redattoreLaura Spadoni

Rewind



Queste parole andrebbero lette come sono state scritte, con i Coldplay in sottofondo. Andrebbero lette, come sono state scritte, partendo dalla fine, dall'emozione del minuto 4.56 di Fix you.


Perchè si parte sempre dalla fine, per capire meglio. E poi si va a ritroso, e ancora indietro. Sempre, sempre più indietro.


E ci son giorni, come questo, in cui vorrei concedermi di fare qualche passo indietro, giusto qualcuno, per poter guardare al mondo così. E vedere rimpicciolire mani, gambe, piedi. Indossare un 27 e svestirmi di cicatrici, responsabilità, errori, paure, domande e frustrazioni.


Concedermi di arrivare lì, proprio in quel punto, quando tutto intorno era grande ma ai miei occhi sembrava poi, così piccolo e facilmente sormontabile. Quando anche il peso delle cose più banali, una sedia, una busta piena, la bicicletta, era sì troppo per quelle braccine esili, ma anche un non niente, davanti alla perseveranza.


Sarebbe bello tornare indietro, proprio a quei giorni, e guardare il mondo con gli occhi di chi ha quattro anni. Con lo sguardo di chi rompe e poi non paga, ma trasforma i cocci in uno splendido capolavoro di fantasia.


E, come con le nuvole, ci vede dentro gli animali più bizzarri.

Sarebbe bello poter tornare indietro come si fa con una canzone. Rivivere il minuto 4.56 una, due, tre volte.


Rewind.


E proprio in giorni come questo, divido le ciocche dei capelli e mi faccio due trecce, strette strette, rido di gusto e cancello le cicatrici per un po’, e me ne concedo solo una, una soltanto, tra il mento e il naso, una lunga iperbole sottosopra, che tende verso l’alto, all’infinito.


Sbagliata, come i problemi di geometria quando non hai studiato.


Al contrario di come andrebbe disegnata, come accade con tutte quelle cose che dovremmo prendere in un modo e a cui invece diamo una bella sterzata.


Fuori da ogni schema convenzionale che la vuole identica a tutte le altre iperboli.

In giorni così, indosso le trecce ed un sorriso e cerco colore, perché il grigio non piace a nessuno, perché il grigio è scuro, come il buio, e dentro non ci si vede, non si trova via d'uscita e poi stona, come i nuvoloni carichi di pioggia la settimana di ferie, e va spazzato via, sepolto. Prima che lui seppellisca te.


E anche quando c’è, anche quando è tanto grande, se indossi le trecce ed un sorriso, non si nota. E magari sta lì, lì dietro, la meraviglia dei quattro anni, quella che se ti sbucci un ginocchio e brucia, poi ci soffi su e passa tutto.


Magari sta lì e sai cosa fare, quando ti sbucci il cuore.


Forse sta proprio lì il segreto. Leggendo tutto dall'epilogo.


Partendo dalla fine.


Queste parole andrebbero lette come sono state scritte. Dal minuto 4.56.


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