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Immagine del redattoreLaura Spadoni

La vita alla soglia dei trenta

Aggiornamento: 2 feb 2019

Quando raggiungi la soglia dei trent'anni, la vita cambia colore, le tinte accese del mondo si attenuano e ogni cosa, anche la più vivace, invecchia investita da un'aura grigiastra che, in fin dei conti, non dispiace. Scoccati i trenta, sei un adulto, lo sviluppo del cervello raggiunge il suo apice e la realtà che fino a pochi giorni prima ti sembrava familiare e confortante, assume un ghigno malefico e trasuda ostilità. E così le candeline sulla torta imbarazzano, - riuscire a soffiarle tutte equivale a essere campioni mondiali di apnea - il giorno del compleanno diventa un funerale e gli auguri, condoglianze.


I trent'anni sono l'inizio di una ripida scalata di cui sai ben poco. Sono gli anni dei dubbi e delle incertezze, della vita da mediano fatta di giornate trascorse incollato allo schermo del PC e la paura incollata alle pareti del cuore. Gli anni in cui, in alcuni casi, il lunedì diventa domenica e il pigiama indossato tutto il giorno non rende più così felici e rilassati.


A trent'anni sei troppo vecchio per le giornate fuori casa e per le notti da leone con gli amici e ancora troppo giovane per lavorare a maglia e metter su famiglia. I banchi dell'università sono troppo stretti e le poltrone dell'ufficio ancora scomode. Così a trent'anni sei un po' un sessantenne, migliore amico di una tisana drenante ai frutti esotici e un giornale. E ti senti troppo avanti con gli anni quando un amico ti racconta di un seminario, una lezione, qualche esonero scampato. Degli esami custodisci solo un lontano ricordo sbiadito che, non l'avresti mai detto, ma rimpiangi con amara nostalgia.


A trent'anni sui social sei out. Preferisci pubblicare foto di gatti, citazioni e monumenti piuttosto che selfie e video-reportage della tua vita che ormai, inutile negarlo, non è più interessante come un tempo. Badi bene però dal mettere un adesivo con un cane che abbraccia un cuore gigante accanto ad una foto postata su facebook o di scrivere il buongiorno ogni mattina allegato all'immagine di una tazzina di caffè. Insomma, ancora hai una reputazione e non fai la fila all'Inps.


Snapchat, Tinder, Wechat sono per te un mondo misterioso che preferisci ignorare, un po' come Justin Bieber, Favij, gli youtuber e le divinità 2.0.

Quando hai trent'anni, o quasi, l'amore non ti strugge e ogni passo è ben pesato, perché temi di compierne uno falso e perderti per sempre. E a trent'anni non hai più molta voglia di smarrirti per ricominciare. Ad ogni rapporto provi a mettere una toppa e a ricucire i punti saltati con il tempo. Il risultato è quasi sempre un impastato bricolage mal riuscito di legami precari che, ai tuoi occhi, funzionano benissimo. Nel profondo però il tuo essere spaventapasseri non ti rende felice. E a trent'anni rimpiangi di non essere uomo di latta che al cervello preferisce il cuore.


Ogni momento è quello giusto per desiderare di mandare indietro l'orologio e tornare ai tempi in cui le responsabilità le lasciavi ai genitori. Alla stagione dei complimenti, dei sorrisi, dei baci rubati prima del coprifuoco e delle follie, vero carburante della vita.


Quando hai trent'anni ormai hai dimenticato come si fa a piangere. Nei casi più gravi anche cosa vuol dire sperare, azzardare, correre il rischio. Però conosci meglio i mille volti della paura. A trent'anni brancoli nel buio e temi i mostri della disoccupazione, della solitudine, dei capelli bianchi, del padrone di casa che chiede l'affitto, del canone RAI, del fine mese, della tassa sull'immondizia, dell'amministratore condominiale, del commercialista.


I trent'sono gli anni in cui devi muoverti, evolverti, ridimensionarti, anche se preferiresti iniziare a costruire. I trenta sono gli anni del transito. Gli anni del "non preoccuparti" che non funziona più.

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