Il monologo del Bianconiglio
- Laura Spadoni

- 27 ott
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 28 ott

Alice, bambina. E' tardi, è tardi. Ho fretta.
Non posso fermarmi. Seguimi, semmai. E ti spiegherò. Ma non fermarti, su, che è tardi, e dovremmo già essere là dove non siamo. Accidenti, bambina.
Ho fretta! Ho fretta sin da quando "driiiiin" squilla la sveglia, si placa il silenzio, si congeda la quiete.
Ho fretta già da quando al mattino, le mie lunghe orecchie iniziano a percepirlo. Ancor prima che le palpebre si sollevino e come tende scure svolazzanti facciano entrare il mondo Fuori, quello finito che la mia tana riesce a contenere. Prima ancora di sbattermi del tutto fuori dal mondo Dentro, quello senza bordi, senza confini, senza limiti, che la mia tana non potrà contenere mai.
Lo Sento, distintamente.
Prima c'èTic. Dopo Tac.
Tic.
Tac.
E allora Tic.
E lo segue Tac.
Ma mica gli sta bene di averlo sempre tra i piedi, eh, e quindi avanza Tic.
Ma l'altro è dispettoso, ama infastidire e allora...Tac.
E dunque Tic!
e perciò Tac!
E quindi TIC!.
e ecco TAC!
e subito TIC!! e arriva TAC!!
TIIC! TAAC!
TIIIIC! TAAAC!
TIIIIC. TAAAAC.
Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac. ...
Un incessante, assiduo, martellante, ripetitivo andirivieni. Un inseguimento senza fine, un'affannosa ed eterna corsa tra due vibrazioni che, seppur a volte possa sembrarmi che abbia finalmente un epilogo, e Tic. l'abbia fatta franca, tagliando il traguardo per primo, ecco che subito la raggiunge, in un baleno, Tac. e la corsa riprende.
Li avverto nella stanza, intorno a me e sotto al mio manto, sempre più bianco e sulla mia pelle. Li sento addosso, sono ovunque. Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.Tic.Tac.
Corrono e smuovono l'epidermide come tante piccolissime scosse sismiche, percettibili ma non troppo, come di magnitudo 3, quel giusto indispensabile a ricordarlo, che è tardi, è tardi.
Alice, chi si ferma è perduto.
Tic. e Tac. non si arrestano mai, li sento nella pelliccia che tirano e svellano per trovare un pertugio, un passaggio, un follicolo che li conduca ancora più in profondità, giù, giù, per raggiungerlo, il Paese delle meraviglie.
E lo trovano sai, Alice. Lo trovano sempre.
Laddove proprio non vorrei che giungessero, loro arrivano. Conoscono la via e senza curarsi troppo del rumore che fanno, scompigliano le cose, alterano gli equilibri, generano caos.
Si inerpicano sugli ingranaggi del Centro Motore come mandrilli impazziti sui rami di un albero e sincronizzano il suo ritmo al loro incessante andare.
E il mondo Dentro, quello oltre la gabbia toracica, prende le sembianze di quello Fuori. E il Paese delle meraviglie, diventa Paese, area geografica con confini, barriere, limiti, traffico, clacson impazziti, rumore.
Tic. punzecchia Tum.
e Tac. stuzzica Tutum.
E Tic. fa il solletico a Tum.
E Tac. tormenta Tutum.
E Tic. a Tum.
E Tac. a Tutum.
Tic. Tum. Tac. Tutum.
Tic. Tum. Tac. Tutum. Tic. Tum. Tac. Tutum. Tic. Tum. Tac. Tutum. Tic. Tum. Tac. Tutum.
Alice, io davvero ci ho provato a fermare tutto questo, a fermarmi, mi ci sono messo d'impegno.
Ho provato a ingabbiarli, possederli e portarli con me, quei birbanti. Ho lavorato molto e sodo per averli alle mie dipendenze. Ho persino provato ad addomesticarli, sai, promettendoli di portarli a spasso, e sempre con me, nel quadrante di un orologio da taschino.
"Ecco fatto, così non mi sfuggirete più... piccole pesti" ricordo di aver detto la prima volta che ho tentato di acciuffarli. Che sciocco.
Quel mio dannato taschino, sempre troppo vicino al Cuore. Mi ha creato solo guai.
Quando ero distratto e riponevo l'orologio nel vestito, Tic. ne approfittava per chiacchierare con Tum, il più quieto e razionale del mio Centro Motore. E mentre i giorni andavano, Tic. ha scoperto le paure più profonde, i desideri più nascosti di Tum.
Lo ha così spaventato una volta, da farlo nascondere chissà dove. E tutto, solo per il vezzo di poter sfidare Tac. a infastidire Tutum. e alimentare il suo gioco infinito.
Tic. 👉 Tutum.
Tac. 👉 Tutum.
Tic. 👉 Tutum.
Tac. 👉 Tutum.
Tic. Tutum. Tac. Tutum. Tic. Tutum. Tac. Tutum. Tic. Tutum. Tac. Tutum. Tic. Tutum.
"Che insolenti... mai più permetterò loro di rubarmi l'ossigeno e imperlare di sudore la mia fronte impellicciata quando a me, di correre, non va proprio". E' quello che mi ripeto spesso sai, Alice.
Eppure lo so. Loro lo trovano sempre. Un modo, quando ho le palpebre giù. Lo trovano sempre un modo per portarmi fuori dal mondo Dentro.
Eppure lo so. Loro lo trovano sempre. Un modo, quando ho le palpebre su. Lo trovano sempre un modo per portarsi dentro dal mondo Fuori.
Ne ho testate di gabbie, Alice.
Pendolo. Cucù, orologio da muro. Analogico. Digitale. Smart watch.
Persino Una clessidra.
"Chissà magari la spiaggia vi sa cal-mare". Ma loro non ne vogliono proprio sapere di arrestarsi e fare pace. Tic. e Tac. corrono corrono, si inseguono, e anche nella clessidra non c'è stato verso. Si sono sfidati fino a che, di sabbia, non ne è rimasta neppure un granello.
Capisci, Alice? Ogni mattina, quando mi sveglio, so che devo correre più veloce del tempo. Perchè il tempo è già in fuga. E io, perdo sempre più vantaggio.
E se non stai al suo gioco, il tempo non ti da' pace. Li Sento sai, sghignazzare, mentre corrono e si inseguono, facendosi beffa di me.
Tic.: "Avanti, battimi, dimostra impegno per far vedere che del tuo ruolo sei degno"
Tac.: "Non ti senti pronto ma lo fai ora o mai più, perché tu corri veloce... ma io di più"
Tic.: "Questo è ciò che avresti potuto avere se mi avessi battuto, guarda che incanto! Ma, oramai, puoi chiamarlo occasione mancata o rimpianto"
Tac.: "Ti mostro anche io una gioia inaccessibile,
solo per ricordarti che battermi, cambiarmi, riavvolgermi, è impossibile"
Bambina ora capisci? Non posso fermarmi, ho fretta, è tardi, devo andare.
Non riuscire a ingabbiarlo, ipnotizzarlo con un pendolo è dura, ma ho il cuore orfano di Tum. e fintanto che sarà nascosto chissà dove, non lo posso ignorare.
E' tardi bambina, è tardi. Devo andare.





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