Dopo undici anni dal clamoroso debutto de Alla ricerca della felicità, Will Smith torna a farci riflettere sul significato della vita, della paternità e del dolore. Da uomo determinato e mentore amorevole, diretto da Muccino, con un piede sempre un passo nel futuro, capace di abbandonare il passato - moglie, stabilità economica, tetto sicuro - pur di rincorrere insieme al figlio la bellezza dell'essere felici con un sogno, in Collateral Beauty, il gigante buono indossa i panni di un padre disperato, incapace di applicare la nobile arte di lasciar andare la felicità passata e di accettare un cambiamento, un'evoluzione. Nel nuovo Canto di Natale, diretto da David Frankel, ci presenta una bellezza differente, quella nascosta dietro alla disperazione, alla sofferenza e al brutto, quella che si apprezza solo avendo il coraggio di immergersi nell'oscurità di un futuro scomodo, quella che tutti dovremmo saper vedere quando ci viene strappata la serenità a cui ci aggrappavamo con i denti e con le unghie.
Will Smith ci parla di bellezza collaterale.
Cosa si intende? Nonostante il concetto affondi le sue radici nell'intricata e ostica filosofia Hegeliana, l'attore ce ne parla in modo semplice, pulito, quotidiano e, perchè no, a tratti fiabesco.
Immaginate di dover dare una risposta al senso di tutto quanto, della vita, dell'essere umano, del mondo. Provate a tradurre tutto in tre concetti chiave, semplici e intuitivi. Amore, Tempo, Morte. Tre astrazioni alla base dell'universo, capaci di regolare il nostro agire quotidiano. Tre semplici idee che si annidano nel cuore, azionano i nostri ingranaggi e ci fanno muovere, ci suggeriscono una direzione, un obiettivo. Tre astrazioni come risposta a tutti i perché che ci poniamo sin dall'infanzia e che continuiamo a coltivare, seminare, trapiantare nel corso di tutta la nostra esistenza. Il perché di questa nostra esigenza a sentirci apprezzati, la motivazione che ci spinge alla condivisione, alla compassione, alla comprensione. Il perché che ci convince a balzare giù dal letto la mattina presto, a lottare contro il richiamo delle lenzuola, più attraente del canto di una sirena, e ad ascoltare quello della sveglia. La motivazione che ci spinge a vestire in un certo modo, il perché che ci permette di affrontare la paura di un ago, l'amaro di uno sciroppo, il graffio secco di una pillola.
Amore.
Tempo.
Morte.
Immaginate ora di essere traditi da tutti e tre gli ideali e di non avere più stimoli e risposte per affrontare quei perché, ormai stati svuotati del loro significato. Il rischio è quello di cadere in una pozza di cinismo e di non credere più nell'Amore, nel Tempo, che con una bugia, un'illusione, ci deride. Si rischia di non credere più al senso della morte che, delle volte prende la rincorsa e taglia il traguardo prima del dovuto. Dove allora trovare il senso della vita quando tutto sembra essere perduto? Dove cercare la bellezza, l'obiettivo, la promessa di felicità? Il rischio che molti di noi corrono è quello di fermarsi, e trovare la felicità solo in uno sbiadito e irraggiungibile passato fossile.
Nella pellicola che da una settimana ha emozionato tutte le sale italiane, Will Smith ci insegna un'importante verità spiegandoci che la bellezza, anche quando tutto sembra essere perduto, è sempre lì, accanto a noi, vestita di un senso nuovo, collaterale, che se colto, saprà infondere la giusta spinta in avanti per affrontare la vita.
Interpretando il ruolo di Howard Inlet, un brillante pubblicitario che perde prematuramente la figlioletta, "morta per una rara forma di tumore al cervello, il Glioblastoma multiforme - abbreviato GBM", impersonifica la sofferenza umana provocata da uno sgambetto da parte del destino che tutti, in forma più o meno grave, viviamo, abbiamo vissuto e, prima o poi, vivremo. Mette in scena la disfatta di un uomo ferito, che perde la fiducia nella vita e lo stato catodico e di passività in cui viene inghiottito. Mostra come la realtà che lo circonda, ai suoi occhi priva di senso, gli scorre accanto, continua ad andare. Il lavoro prosegue anche se arrancando, New York quasi ostentando sadismo, si imbellisce dei colori più belli con gli addobbi di natale. Il mondo respira, la gente punta la bussola verso il futuro, la città è un agglomerato di palazzi costruiti con il gioco del domino e il pubblicitario solo una tessera. Tutto scorre ma non il suo esistere, che è immobile, privo il senso.
Howard trascorre intere giornate al parco ad osservare i cani che giocano, come ad impersonificare quel pastore errante leopardiano che una notte, contemplando un cielo stellato, comprende la natura maligna dell'esistenza che lo costringe ad una vita diversa da quella animale, meno serena, razionale e tagliente. Si isola chiudendosi in un silenzio ovattante e "interroga l'universo in cerca di risposte" con la scrittura. Indirizza lettere piene di odio e astio proprio a quelle tre astrazioni incolpandole di aver reso l'uomo fragile, indifeso, semplice pedina del loro gioco. E va avanti così per anni fino a quando l'universo non risponde e le tre astrazioni gli si palesano davanti permettendogli di cogliere il senso di tutto e di comprendere il significato ultimo della vita e del dolore.
Tre attori, ingaggiati dai colleghi e amici preoccupati e disperati di Howard, anche loro uomini in parte delusi dalla vita, assecondano il dolore del padre ferito provando a convincerlo a trovare la bellezza collaterale nel presente. Così, ancora una volta nell'arte, nel teatro, tempio in cui ogni cosa anche la più irreale prende vita, si trova la risposta a quei perché. Ed Amore, Tempo e Morte cercheranno di aiutarlo a ritrovarsi aiutando al contempo anche i tre colleghi a ritrovare se stessi e la speranza.
Will Smith ci ricorda che tutta la vita è un grande effetto domino. Che l'universo è un'opera d'arte fatta di tessere e tasselli, che l'un l'altro si influenzano e che insieme creano un capolavoro. Che la luce e l'oscurità sono connessi, così come la Morte e la Vita, l'Amore e la Compassione, il Tempo e la Speranza. Che la società è fatta di tanti piccoli rettangolini di plastica connessi tra loro. Cade uno, cadono tutti in un grande ed esponenziale effetto catena. Che la morte di una bambina di sei anni, influenza le vite dei colleghi di Howard. Che la dedizione al dovere, al lavoro e al rispetto degli impegni presi con i colleghi - rappresentata da Kate Winslet - influenza il tempo di essere madri. Che il tempo, sotratto da una figlia a un padre adultero come Edward Norton, influenza l'Amore. E che l'Amore provato da Michael Pena per la sua famiglia, lo spinge a nascondere la sua malattia e influenza il suo morire. "Questa profonda connessione con il Tutto", è bellezza, arte collaterale che cogliamo solo dopo aver avuto il coraggio di distruggere una parte di ciò che amiamo. Di aver avuto la forza di spingere il primo tassello di una creazione domino che per ore, giorni, anni, vita abbiamo costruito e su cui abbiamo riposto i nostri momenti di spensierata e folle felicità. L'essenziale invisibile agli occhi del Piccolo Principe, che è lì anche quando non ce ne accorgiamo pronto a regalarci un senso. Una meta.
La bellezza collaterale sta tutta lì, nascosta nella catena che aggancia tutte le cose. Perché c'è sempre Amore, nella risata di una bambina così come nella disperazione. C'è sempre tempo, nella fiorente giovinezza così come nella grigia senilità. C'è sempre morte, nella paura del futuro e nella consapevolezza del passato.
E solo quando impareremo a lasciarci andare al respiro del mondo, che agita e soffia la tessera della nostra esistenza, solo allora, coglieremo il vero significato di bellezza collaterale. E la felicità non sara più un'affannosa ricerca, come tempo fa ci insegnava il gigante buono, ma solo un certo e duraturo magnifico e instabile presente (A tal proposito non perderti il mio articolo Dieci minuti per la tua vita).
L'ALLEGORICA IMPERSONIFICAZIONE DELLE ASTRAZIONI
AMORE la parte è stata affidata ad un'attrice giovane ma non troppo, come il sentimento quando è puro e sincero, donna come la maternità, fragile, sempre in precario equilibrio, sensibile alle azioni altrui, tanto da esordire scoppiando in lacrime. Una maschera comprensiva, capace di chiedere scusa senza esitare, pronta a dialogare, a farsi sentire, a ricordare che sta personificando "la trama di tutta la vita. La ragione di tutto".
TEMPO è stato interpretato da un adolescente, nel pieno dei suoi anni che, come il tempo, ha tanto da dare, donare, offrire, molto da prendere, tutto da consolidare, sempre pronto a crescere. Il tempo è un ragazzino aperto alla vita e aggressivo, impetuoso come il mare, arriva irrequieto e corre, corre, come un bian coniglio nel paese delle meraviglie. Spavaldo perché saggio, pronto a ricordare quanto relativismo si nasconde nelle nostre menti.
MORTE "la Morte è una donna bianca, anziana", come la conoscenza e l'esperienza. Un'attrice da Scala capace di interpretare tutti i ruoli, maestra di Amore, Tempo e Vita. Compassionevole, come l'Amore, inarrestabile, come il tempo, maestra di Vita, la sola in grado di guardare dentro, di insegnare il vero senso della bellezza collaterale: L'ACCETTAZIONE.
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