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  • Immagine del redattoreLaura Spadoni

ANNA e i malati di speranza

Aggiornamento: 15 ott 2017


Niccolò Ammaniti, Anna, Einaudi, pag. 288, 19 euro


Anna è una ragazzina di tredici anni che si aggira in una Castellammare silenziosa e bieca, città fantasma nel cuore della Sicilia in cui si respira aria di morte. Un luogo in cui il vento non soffia, non si muove una foglia, e il caldo secca le fauci. Una realtà in cui tutto è immobile e anche il tempo sembra essersi fermato. Le lancette degli orologi non girano più e al mercato del baratto un quadrante vale quanto un Boeing 737 o uno Smarties ammuffito: meno di niente. Un disco di Massimo Ranieri, quello invece, è oro.

In un’apocalisse che ha sterminato la normalità, Anna impara a scandire i giorni che trascorrono lenti guardando il sole calare, avverte che la memoria le si sgretola come un castello di sabbia abbattuto dalle onde, che il ricordo del mondo passato svanisce cedendo il posto ad una realtà primitiva, fatta di razzie e scambi, di incontri felici e di altri sgradevoli. Di lotte alla sopravvivenza, di valori che mutano. E le cose importanti, quelle che non devono essere mai dimenticate -come la musica di Massimo Ranieri che il papà di due gemelli, proprietario di un supermarket, adorava – sono conservate tra le pagine di un vecchio quaderno, ma che, anche in un mondo senza tempo, sanno logorarsi, e l’inchiostro sa sbiadire.


Nel 2020 la Sicilia dell’immaginario di Ammaniti è un’isola che non c’è popolata solo da bambini, sopravvissuti alla tanto temuta Rossa, orfani che convivono con le carcasse dei genitori sparse per casa. Brancolano in una quotidianità oscura fatta di femori sulle poltrone, clavicole nascoste nei cassetti, crani sui letti, corpi violati dagli insetti nel cortile a bordo di auto che non partono più e intasano le strade. Cadaveri di mamme custoditi sotto chiave, nascosti dietro una porta fino al giorno in cui saranno più leggeri e potranno essere seppelliti da figli gracili e magrolini.

Un futuro dipinto dall’autore di “Io non ho paura” come un eterno addio dei figli ai propri genitori.

La protagonista Anna è l’impavida eroina di un’avventura al limite tra realtà e fantascienza. Incarna il dramma della ragazzina costretta a crescere troppo presto, perché schiacciata dal peso della responsabilità. Della piccola grande donna pronta a prendersi cura del fratellino Astor quasi fosse un figlio. Una ragazza maturata troppo in fretta, alle prese con lo strano mondo degli antibiotici e dei sonniferi, dell’alcol e della perdita dei sensi. Una bambina che ha imparato a non temere le tenebre, che si immerge nel buio pronta a riemergerne più forte il giorno dopo. Che non teme i cani grandi e grossi che la inseguono per strada. Che non ha paura della morte e abbellisce i resti della madre con diamanti e pietre preziose.


Anna come tutti i ragazzini over quattordici sa di non avere scampo e che, crescendo, si ammalerà e sarà costretta ad abbandonarsi alla Rossa, la malattia letale che colpisce solo gli adulti. Affetta però già dalla speranza, è pronta ad inventare antidoti e a lasciarsi coccolare dalle fantasie d’infanzia, che ancora un po' le appartiene, di scarpe da ginnastica magiche, riti mistici e pedalò in grado di varcare lo Stretto e concederle la libertà di una vita sana e felice.


Cercando di scappare dalle soffocanti e temibili buste senza buchi, Anna scopre l’amore: quel sentimento di cui tanto parlano i libri della mamma. Il legame con il minchionaccio che strugge il cuore e la carne. L’amore per il fratellino che può arrivare ad uccidere quando tutto sembra essere perduto e quello per un cane che non muore mai.

Anna è una storia d’amore con la vita che, come tutte le storie d’amore, non importa quanto dura ma come la si vive. E con Anna la vita la si ama davvero.


- Non riesci a dormire?

- No. Tu?

- No.

- A che pensi?

- Ai cani che vivono al massimo quattordici anni. Come noi. In quattordici anni fanno tutto. Nascono, crescono e muoiono. Alla fine non conta quanto dura la vita, ma come la vivi. Se la vivi bene, tutta intera, una vita corta vale quanto una lunga, non credi?

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