364 giorni e pochi minuti alla mezzanotte. L'anno appena vissuto volge al termine e in quel preciso istante tutto sembra potersi rinnovare, si veste di una luce nuova, ritrova il colore perduto. Tutto può tornare al giusto posto, ed i cocci di ciò che è rotto si possono ricomporre come tessere di un puzzle, e la roba di cui ci si vuol disfare, la si può gettare al di là del davanzale, oltre la finestra, al di là del mondo che custodiamo.
In quell'istante, proprio tutto è un'occasione da cogliere al volo, l'alba di un nuovo inizio, la ristrutturazione del proprio animo, i lavori in corso per un futuro migliore, ancora migliore, anche se il rintocco delle lancette in sottofondo è sempre lo stesso.
Lento, ripetitivo.
Meccanico, ossessivo, che ad un tic, segue un tac. Poi un altro tic, ed ancora tac. E subito tic, e ecco che, tac.
Tic, tac...
Tic, tac.
Tic, tac.
Tic, tac.
Sempre la stessa musica, messa lì a suonare, colonna sonora di tutta una vita e dei suoi turbamenti, che però nell'istante che precede la fine dell'anno è come un sussurro che avverti appena, che quasi non c'è. E' quasi un respiro, il soffio del mondo a cui non fai caso. E le lancette ingabbiate in quell'orologio appeso alla parete, nell'istante prima della fine dell'anno, intonano note, creano arpeggi e sono l'iconografia della salvezza, a cui lanci occhiate fugaci, per assicurarti che è davvero il momento di rendere protagoniste tutte le speranze e i più profondi desideri di riscatto che hai messo da parte per un po', lasciate ingiallire in quel cassetto difettosso di cui hai smarrito la chiave.
Quel salvifico quadrante in quell'istante che precede la fine di un anno, a cui tu indirizzi le tue preghiere di felicità, e che intona per te un sonoro alleluja, chissà quante ne ha viste, sempre lì fermo, appeso alla parete come un crocifisso. Sempre lì, per anni in bilico su un chiodo arruginito, nel suo monotono battere le ore, che chissà se non si domandi quando arriverà il giorno in cui vedrà realizzate tutte le aspettative di cui si è fatto carico negli anni precedenti. Se le batterie che lo alimentano, reggeranno o si scaricheranno prima del tempo, ed il motore, che lo tiene in vita, si arresterà, ed insieme agli ingranaggi, anche la dimensione che chiamiamo tempo. Se mai avrà la forza di restare in quel precario equilibrio su un chiodo scomodo, per tutta la sua durata, o se un giorno qualunque, che non è dato sapere, non franerà giù dalla parete per il peso dei suoi quesiti silenti e la mancanza di risposte.
Quesiti che, in fin dei conti, poni anche a
te stesso nell’istante che precede la
fine di un anno e l’inizio di ciò che ne segue.
Nell'istante che precede l'inizio di una fine e l'alba di un nuovo avvenire, se per il mondo son le lancette, per te è il cuore che scandisce i secondi. Ed ogni battito è un ricordo che affiora, consapevolezza che prende forma, verità che si palesa. E tutto ha un sapore diverso. E gli sguardi che ci circondano, un senso più profondo.
Si organizzano nella tua testa, in un'ordinata fila indiana come una scolaresca educata, i buoni propositi da rispettare. Una lista di faccende in sospeso, la tua personale to-do-list verso il raggiungimento della felicità bramata.
E brindi alla vita, e attendi il conto alla rovescia con il respiro corto, mentre le immagini dell'anno passato scorrono veloci in una pellicola che custodisci nella memoria, spettacolo a cui tu soltanto, puoi aver accesso. Per tirare fuori il meglio. Per gettare fuori il peggio.
Ma poi... ecco che incalza la mezzanotte, e.
5...
4...
3...
2...
1...
ploop.
Sorrisi. Abbracci. Risate.
Si torna a respirare. Allenta la tensione. Si stendono i muscoli del viso.
Fino a quando, ecco che arriva, lo senti. Ti assorda, vuoi fermarlo - ti prego aspetta solo un secondo, solo una notte - ma le tue parole si perdono nell’aria, schiacciate da un...
tic, tac.
tic, tac.
tic, tac.
tic, tac.
Il sottofondo monotono che caratterizza l'anatomia di un'istante che si ripete allo scadere di ogni anno, che ci vede ogni volta diversi, eppur sempre simili. E chissà, se realizzati prima del tempo.
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