Sono spugna, son girino e medusa.
Sono del colore dell'acqua, son aria quando provi a disegnarla.
Son contorni sfumati, nebbia, una strada biforcuta senza indicazioni,
e la perplessità dell'attimo
prima di decidere dove andare, cosa fare.
Zingara.
Sono ansia e padrona del tempo, quando indosso l'orologio
e mi aspetta qualcosa da fare.
Sono pace, quando indovino le ore
osservando danzare gli ulivi, su un letto di tinte dorate
in sere d'estate.
Ho il cuore a metà, che frinisce e canta
insieme alle cicale,
leggero leggero.
Che scoppia e risuona, che si agita e si espande in un gran baccano,
come una grande città,
metropoli di idee vagabonde, pronte ad esplorare il mondo,
immobili.
Sono lingua creola, e se fossi un colore
sarei bianco.
Sono una E che fa sorridere e che
si staglia in una eco divertita di imitazioni,
una C da cinepanettoni,
che serpeggia e si trascina dolce, tra le sillabe di parole
dette per mascherare.
Son le maschere che indosso.
Estranea,
eppur ovunque a casa.
Anche se una casa, io non ce l'ho.
Ma se potessi,
se solo potessi, non sarei.
Se solo potessi cancellare il riflesso.
Se solo potessi, vorrei esser buio.
Shhh... Silenzio.
Vorrei poter essere parete bianca.
Ma non essere non è, e allora sarei forse,
solo una goccia, gemella a tante altre, in un mare di serenità.
Ancor naufraga, eppur felice
nella mia normalità.
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